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3/3/2019

Ascolto di sé – nel fragore del silenzio?

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Per ascoltare...

In merito alle abilità del coach si da importanza alla capacità di ascolto, ascolto profondo e consapevole di quello che esprime il coachee durante la conversazione, imparando le tecniche di rimando delle parole e delle espressioni utilizzate ai fini di favorire la consapevolezza dell’altro.
Ma il rischio che si corre continuamente nella relazione di coaching è la tentazione di smettere di ascoltare il coachee per ascoltare invece la propria sfera di abilità successive da mettere in campo, ovvero: “e adesso, che cosa dico, quale domanda faccio?”
Quando nella formazione del coaching ci si dedica a dare significato all’ascolto, effettivamente si fa riferimento al fatto che si può ascoltare il nostro prossimo se si è innanzitutto capaci di ascoltare se stessi. Ma non si approfondisce in merito a ciò.
Ancora una volta ritrovo invece la possibilità di sviluppare l’ascolto degli altri partendo di fatto da tutto ciò che è la pratica di consapevolezza.
Portare l’attenzione è ascoltare.
Impegno ed intenzione nella pratica dell’attenzione è riscegliere in continuazione di portare e riportare l’attenzione su uno o più oggetti: dunque il coach “mindful” è allenato a portare e riportare la propria attenzione al coachee!
Il rimanere impigliati nel pericolo precedentemente descritto (e adesso, quale domanda faccio?), oltre ad essere un ascolto “non direzionato e magari non consapevole”, nasconde un sottofondo di sfiducia nel proprio se del coach, oltre a risultare nel “non ascolto” di quello che sta accadendo nella relazione con il coachee.
La pratica della consapevolezza allena le capacità di ascolto profondo di noi e dunque la capacità di ascolto degli altri (che poi si tratti di ascolto nella relazione di coaching, a questo punto, è solo una delle possibili contingenze!).
Il passaggio sopradescritto è molto profondo e, di fatto, nasconde molte fasi intermedie… senza le quali rischia di essere un motto, una sorta di esortazione che non conduce ad un reale “esercizio” che ci conduca ad un ascolto profondo.
Di fatto ascoltarsi profondamente significa accogliere il fatto di poter aver dubbi, debolezze e sensazioni di inadeguatezza. Esattamente ciò che capita quando il coach pensa “e ora cosa chiedo”: questo è un momento di dubbio. Provare ad ignorarlo può condurci ad ignorare la nostra essenza… accoglierlo ci conduce invece verso la possibilità di aprirci al … non essere giusti – bravi – adeguati.
Questo fare spazio a noi, provando ad osservarci con curiosità e attenzione, senza giudizio, riesce a creare uno spazio nuovo e più ampio dove il coachee ritorna ad essere il nostro protagonista! Non siamo noi – la nostra capacità e la nostra abilità ad essere protagonisti!
La nostra intenzione è l’attenzione al coachee e dunque, nel riportare l’attenzione a lui, la competenza dell’ascolto verrà onorata; fiducia ed ascolto danzano insieme in una relazione di coaching.
La meditazione ci aiuta ad ascoltare noi, fino in fondo, nel piacevole e nello spiacevole, partendo dalle cose più semplici e immediatamente a noi disponibili: il corpo, il respiro. Per poi passare a pensieri ed emozioni.
Stare nel presente. E questo ci conduce nel portare queste abilità in ogni momento della nostra vita.
 

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